“Sensualità a fior di pennello”
Artisti si nasce: è proprio il caso di dirlo per una pittrice come Beatrice Borroni, nata nel 1964 e abitante a Sesto Fiorentino; a lei infatti sono bastati gli anni di frequentazione dell'Istituto d'Arte per arrivare ad esprimere, attraverso la sua arte, soggetti del tutto personali e carichi di una sensualità sottile.
Lei stessa si definisce autodidatta, visto che ha rifiutato la presenza per lei condizionante di un maestro che la guidasse alla scoperta del proprio mondo interiore.
Sperimentandosi di continuo e cercando di catturare di se stessa la parte più femminile e segreta, Borroni è riuscita a dar vita a creature misteriose e vaghe, quasi intoccabili nella loro glaciale e statuaria bellezza. A volte sono donne nate come per un magico incantesimo dalla fantasia della pittrice (ne sono forse l'espressione più spontanea e spregiudicata); in questo caso, soffermandosi per un attimo nella visione di tali opere, sembra di vivere certe atmosfere che possiamo riscontrare in quadri usciti dal pennello di Tamara de Lempicka, sofisticata pittrice polacca che ha operato soprattutto negli anni '20 e '30. Altre volte invece sono i temi mitologici e uno spassionato ritorno all'antichità classica a stimolare l'immaginazione dell'artista: non sono quindi rari i casi in cui i soggetti dei quadri sono dee, veri e propri personaggi celestiali che la loro stessa divinità rende immortali ed eternamente protagonisti.
Tali soggetti, resi perfetti dalla purezza dei colori e dalla sobrietà delle forme, prendono vita da un processo di catarsi compiuto dalla mente dell'artista, che permette di passare dalla realtà inpura e contaminata a forme mirabilmente adamantine.
Non di rado infatti è dall'abile accostamento di figure geometriche e plastiche che prendono vita donne bellissime, spesso dormienti, che pur nella loro astrattezza sono accattivanti e piene di fascino; l'occhio di chi le guarda è guidato dalle forme sinuose ed attirato dalla ricercatezza di alcuni particolari, come la raffinatezza delle stoffe, il preziosismo di motivi ornamentali o il fluire di chiome ricciute. Questa attenzione al particolare richiama in certi casi l'opera di taluni artisti fiamminghi del Quattrocento, come del resto l'amore per un "geometrismo" puro e studiato.
Perchè c'è uno studio, lungo e cosciente, dietro ogni opera di Borroni, che fa crescere via via il soggetto partendo dal disegno e arrivando poi, con la stesura dei colori tono su tono, alla resa di forme plastiche; solo alla fine, con la pazienza di un miniatore, la pittrice impreziosisce tale purezza di forme con motivi arabescati e floreali.
Ogni quadro acquista quindi un valore e un'unicità propri, che consentono di tuffarsi, per un attimo breve o eterno, dipende da noi, in un mondo fatto di ciò che la realtà ostinatamente sembra volerci negare: purezza e perfezione.
Sara Rinaldi, 1997